Stagione 1976-77: Soffia il vento dell'epurazioneIl barone se ne vaAnzalone pare intenzionato a mollare mentre si affaccia la figura di Dino Viola. La squadra cambia volto, dopo l' infortunio di Francesco Rocca, molte cessioni e tanti innesti. E a fine campionato Liedholm lascia Roma per Milano
Fu un'epurazione, quella dell'estate 1976. Gaetano Anzalone adesso lo ammette.
Al punto che quando, tre anni dopo, deciderà di andarsene, lo farà
dicendo: «Adesso epuro me stesso». E questo serve a capire il significato
dell'epurazione, che altrimenti rischia di essere frainteso. Proprio così,
perchè quando scoppierà lo scandalo delle scommesse -le partite
truccate, le manette, lo sconvolgimento del nostro calcio; un falò di
tutti i residui di romanticismo, del concetto di fedeltà assoluta- troveremo
tra gli implicati proprio alcuni dei romanisti che la società aveva liquidato,
alla vigilia della stagione 1976/77. Che pensa, Liedholm?
Su quella stagione 76/77 cadde immediatamente il viscido peso della sfortuna,
attraverso l'infortunio di Francesco Rocca. Cominciava la drammatica vicenda
di un campione straordinario, che provocò anche una irrisolvibile serie
di incertezze sotto il profilo tecnico. Rocca, era recuperato o no? La Roma
ci poteva contare o doveva considerarlo perduto? La presenza di Francesco, rappresentava
solo un atto di coraggio e di reciproco amore? Come se non bastasse, anche l'altro
elemento di quella difesa che sembrava davvero la granitica base della Roma
del futuro, vale a dire Franco Peccenini, andava e veniva, anch'egli tormentato
da seri malanni. Andò a fmire che la linea dei terzini titolare fu quella
rappresentata da Chinellato e Maggiora, più Sandreani. Era un altro modo
di guardare avanti, non c'era più sicurezza. Ma su quella Roma, pesava
anche l'atteggiamento di Nils Liedholm. Il «barone» sembrava limitare
la sua opera al governo di una situazione che non lo stimolava più. Forse
non trovava sufficienti riscontri nella presidenza. Forse in Anzalone si andava
irrobustendo, al contrario, una sorda diffidenza nei confronti di un allenatore
che gli appariva troppo distaccato. Certo è che il rapporto tra presidente
e tecnico si andò slabbrando e la «linea giovane» non diede
i risultati sperati.Non fu un campionato fallimentare, ma contraddittorio. E
in quella contraddizione, la personalità della nuova Roma sfumava, appariva
indefinibile. Ci fu una clamorosa vittoria sulla Juve, ci fu il più bel
derby di Bruno Conti, autore di un gol spettacolare, di quelli che fanno storia.
Ma ci furono le chiacchiere; tante, troppe chiacchiere. Ecco perchè l'epurazione,
alla fine, assunse significati di autentico castigo, di resa dei conti. Ed ecco
perchè Liedholm lasciò la Roma. Proprio così, il fatto
più clamoroso della stagione fu l'abbandono di Nils, che andò
maturando proprio come le pere nella paglia: lentamente, giorno per giorno.
Fu una soluzione inevitabile, come quando l'ultima goccia fa traboccare il vaso. Tratto da La mia Roma del Corriere dello Sport
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